Quanto mi costi?

Analisi dei costi delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali 

Dott. Francesco Manguso U.O.C. di Gastroenterologia A.O.R.N. A. Cardarelli Via A. Cardarelli 9 - 80131 Napoli

È ormai cosa comune leggere, sulla stampa specializzata o non, articoli che dibattono dei costi della salute. La popolazione italiana con circa 60 milioni di abitanti, più femmine che maschi, e con circa 12 milioni di ultra sessantacinquenni e poco più di 32 milioni in quella fascia tra 0 e 44 anni, ha determinato una spesa totale da parte del SSN nel 2009 di 109,669 miliardi di Euro, con una spesa pro-capite di 1.826 Euro. Il PIL del nostro paese nel 2009 è stato di 1.520,870 miliardi di Euro, con un rapporto spesa SSN/PIL del 7,21%. Poiché questo dato è in crescita, la spesa sanitaria rappresenta uno dei punti cruciali per l’economia italiana ma anche di tutti i paesi industrializzati. Per frenare o quanto meno contenere la crescita della spesa sanitaria, e quindi della spesa pubblica, si è cercato di ottimizzare il trattamento per ciascuna patologia tenendo conto di alcuni indicatori specifici. In passato, nell’ambito dei progetti medico-sanitari, si prendeva in considerazione l’analisi del rapporto costo-beneficio (CBA), con la valutazione dei costi diretti ed indiretti, e dei benefici ottenuti. Senza entrare nel merito del complesso calcolo, l'analisi CBA richiedeva un volume di informazioni molto elevato ed il superamento di alcuni punti critici.

In epoca più recente siamo passati dal CBA al CEA, e cioè all’analisi del rapporto costo-efficacia. Un particolare tipo di analisi CEA è il CUA (Cost-Utility Analysis) che valuta i progetti sanitari ed utilizza come indicatore il QALY (Quality Adjusted Life Years). In pratica, il QALY è un’unità di misura impiegata nell’analisi costi-utilità che combina insieme la durata della vita e la qualità della vita (HRQL), ed è una misura di incremento di aspettativa di vita media corretto per la qualità della stessa. In sintesi il QALY è l’indicatore dell’utilità del trattamento/procedura in oggetto. Il valore di HRQL si ottiene attraverso metodologie standard (0 o valori inferiori allo 0 = salute peggiore possibile, 1= salute migliore possibile). È interessante notare che vi possono essere valori al disotto dello 0 che rappresenta la morte; in effetti vi sono condizioni di qualità di vita peggiori della morte stessa. Immaginate un grafico in cui l’asse delle ascisse rappresenti gli anni di vita e quello delle ordinate la qualità di vita, e l’origine rappresenti lo zero per entrambi gli indicatori. L’andamento delle curve che rappresentano il QALY possono dirci che ad esempio una terapia è superiore ad un’altra o che una terapia garantisce una durata maggiore di vita ma con qualità minore. In pratica, un QALY di 1 coincide con l’aspettativa di vita di un anno in condizioni di perfetta salute, mezzo anno vale mezzo QALY, e così via, mentre un QALY pari a 0 corrisponde alla morte.

Detto questo, ora bisogna calcolare se una terapia o una procedura sia economicamente sostenibile nell’ambito di un sistema pubblico o anche di tipo assicurativo. A questo scopo si calcola l’ICER che è conosciuto anche come “costi per QALY”. Facciamo un esempio. Un paziente ha una patologia grave, a rischio di decesso. Se il paziente continua a ricevere il trattamento standard avrà una aspettativa di vita di un anno con una qualità di vita di 0.4. Se riceve un nuovo farmaco vivrà un anno e tre mesi (1.25 anni) con una qualità di vita di 0.6.

Confrontiamo il nuovo trattamento con il trattamento standard in termini di QALY guadagnati:

-       Trattamento standard: 1 (anno di vita guadagnato) x 0.4 = 0.4 QALY

-       Nuovo trattamento: 1.25 (1 anno e 3 mesi di vita guadagnata) x 0.6 = 0.75 QALY

Quindi, il nuovo trattamento permette di ottenere altri 0.35 QALY (cioè: 0.75-0.4 QALY = 0.35 QALY).

-       Assumiamo il costo di £10.000 (in sterline) del nuovo trattamento e di £3000 per quello standard.

La differenza dei costi dei trattamenti (£7000) si divide per il guadagno di QALY (0.35), calcolando così i costi per QALY. Così il nuovo trattamento costerebbe £20.000 per QALY.

Ciascun farmaco viene considerato caso per caso. In generale, se un trattamento costa più di £20.000-30.000 per QALY, allora non viene considerato conveniente.

Una recente review britannica di Bodger apparsa a maggio 2011 su Pharmacoeconomics, ha valutato il rapporto costo-efficacia dei trattamenti per le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI).

Vediamo ora qualche dato di macroeconomia delle MICI. Gli studi epidemiologici sulle popolazioni del nord America ed europee stimano una prevalenza della malattia di Crohn (CD) di circa 150 su 100.000 abitanti e della colite ulcerosa (UC) di 250/100.000. La stima dell’impatto economico totale della CD, tra costi diretti ed indiretti, si aggira sui 15.5 miliardi di dollari negli USA e sui 16.7 miliardi di euro in Europa (dati 2006). Non vi sono dati certi per l’UC ma i costi dovrebbero essere simili. Le MICI, essendo patologie relativamente poco comuni hanno un peso relativamente piccolo sul budget sanitario, ma i costi per tutta la durata di vita per individuo non sono inferiori a quelli di altre patologie più comuni come il diabete. Almeno la metà dei costi medici diretti annuali delle MICI riguardano i ricoveri sia per motivi medici che chirurgici. Una riacutizzazione della malattia che richiede l’ospedalizzazione costa 20 volte in più rispetto alla remissione. Invece, la riacutizzazione seguita in ambulatorio costa solo dalle 2 alle 3 volte in più rispetto ai costi della remissione in 6 mesi di osservazione. Infine, i pazienti con malattia severa hanno costi maggiori dalle 3 alle 9 volte. Questa situazione però è in rapido cambiamento con l’introduzione nella terapia degli anti TNF alfa, che ormai sono quasi di routine nella CD. L’Infliximab è comparso sulla scena terapeutica alla fine degli anni ’90 mentre l’Adalimumab è stato approvato dall’FDA alla fine del 2002. L’analisi dei dati 2003-2004 nella CD negli USA ha evidenziato che il 35% dei costi diretti sono per la spesa farmaceutica. Infine, i costi indiretti associati alla scarsa produttività sono pari o superiori ai costi diretti sanitari. Vediamo ora i costi dei singoli trattamenti nella UC e nella CD.

Colite ulcerosa

Mesalazina orale

La mesalazina orale rappresenta il trattamento standard per l’induzione della remissione delle forme lievi-moderate ed è efficace nel prevenire le recidive. Sono disponibili differenti formulazioni con differenti meccanismi di rilascio e con costi differenti, incluso i generici che sono a minor costo.

Le riacutizzazioni sono meglio trattate con un regime ad alte dosi (4.8 g/die) rispetto ad un regime a basse dosi (2.4 g/die). Le alte dosi permettono un vantaggio terapeutico del 14% a 6 settimane. Il trattamento ad alte dosi ha un vantaggio in termini di costo-efficacia nel 72% delle simulazioni, con un tetto massimo di £30.000 per QALY. Il trattamento con alte dosi riduce le ospedalizzazioni del 2% e gli interventi chirurgici dell’1% rispetto alle dosi basse di farmaco nei pazienti ambulatoriali che non hanno risposto al trattamento. Anche se la riduzione in termini di ospedalizzazione e chirurgia è piccola, ciò giustifica i costi dell’utilizzo della mesalazina ad alte dosi.

In un altro studio è stato paragonato il rapporto costo-beneficio della formulazione di mesalazina standard contro quella con tecnologia MMX. I risultati mostrano un trend (non statisticamente significativo) nei tassi di remissione a 8 settimane a favore della formulazione MMX. Uno studio a 5 anni nel mantenimento della remissione ha calcolato che la formulazione MMX ha un ICER di £749 x QALY rispetto al trattamento con mesalazina standard, con un lieve guadagno in QALY e giorni di remissione, e con il 12% in meno di ricoveri ed il 12% in meno di chirurgia raggiunti con un minimo incremento dei costi totali. L’analisi di sensibilità probabilistica ha indicato che l’uso dell’MMX risulta dominante nel 62% delle simulazioni, e che potrebbe essere vantaggioso in termini di costo-efficacia nel 74% delle occasioni (con un tetto massimo di £20.000 per QALY). Tra i vantaggi vi è la migliore compliance al farmaco somministrato una volta al giorno.

Per il mantenimento si è paragonato l’uso di una dose standard di mesalazina (2.4 g/die) contro nessun trattamento. L’ICER per la terapia di mantenimento è di $224.000 (dollari USA) per QALY guadagnato, ben oltre la soglia convenzionale per la sostenibilità finanziaria. Tale dato però non tiene conto dell’attuale realtà economica della mesalazina. Infatti, recentemente i costo di tali farmaci si è ridotto notevolmente, con prezzi molto simili tra farmaco generico e quello originale. Assumendo che possa essere utilizzata la mesalazina più economica in assoluto, e cioè la sulfasalazina, l’ICER può abbassarsi a £16.300 per QALY.

Non vi sono studi sull’uso di farmaci generici in termini di efficacia. Per tale motivo al momento non possono essere fatte previsioni sulla minimizzazione dei costi con tali farmaci. Si deve tener presente che piccole differenze in termini di efficacia (10-15%) possono giustificare differenze nei costi anche del 200% per il trattamento a breve termine, mentre il costo efficacia della terapia di mantenimento può essere influenzato fortemente dai costi del farmaco.

Corticosteroidi orali

I classici corticosteroidi orali sono molto efficaci per indurre la remissione nella UC ma il trattamento si associa ad eventi avversi. I modelli che non tengono in considerazione gli eventi avversi sovrastimano i benefici di tale trattamento specie per il fatto che i corticosteroidi sono economici ed efficaci. Lo sviluppo di farmaci steroidi di seconda generazione con bassa biodisponibilità periferica (beclometasone dipropionato e budesonide) potrebbero offrire un’alternativa per la riduzione degli eventi avversi anche se i costi di questi farmaci sono nettamente superiori ai corticosteroidi di I generazione.

Il trattamento farmacologico prolungato con corticosteroidi si associa a un maggior rischio di osteoporosi e fratture. I bifosfonati riducono tali rischi e sono favorevoli in termini di costo efficacia negli anziani. Uno studio tedesco ha confrontato l’utilizzo di ibandronato contro una semplice supplementazione di minerali e vitamina D in pazienti con MICI. In un modello di simulazione, la probabilità che l’ibandronato raggiungesse un ICER al disotto del limite di €50.0000 per QALY era solo del 20% circa. L’ICER era particolarmente alto per le giovani donne con osteopenia se paragonate a pazienti anziani con osteoporosi franca, che è la popolazione a più alto rischio.

Agenti biologici

L’efficacia clinica degli anti TNF alfa nella UC è ancora territorio di studio. I trial clinici dimostrano che vi è una efficacia dimostrata specie nei soggetti resistenti alle terapie standard. Vi è da considerare che nella UC, al contrario della CD, l’intervento chirurgico è da considerarsi potenzialmente curativo per la malattia. Si è sviluppato un modello per esplorare il costo utilità di un mantenimento regolare con infliximab in otto stadi di malattia: remissione, lieve, moderato-severa, temporanea sospensione della terapia, chirurgia, remissione post chirurgica, complicanze post chirurgiche e morte. Le probabilità di passaggio per gli stadi di responder o non-responder sono derivati dai trial clinici ACT I e ACT II, utilizzando i dati dell’infliximab e del placebo, rispettivamente, per il trattamento biologico e quello standard. Le probabilità di passaggio alla chirurgia provengono da altri studi che tengono conto degli stadi moderato-severi di malattia e non di quelli lievi. Nella strategia “responder” si assumeva che tutti i pazienti che presentavano una risposta clinica all’infliximab continuavano il mantenimento, mentre nella strategia “remissione” solo i pazienti in piena remissione continuavano il trattamento con biologico. Confrontato alla terapia standard, l’ICER era di £27.066 per QALY per la strategia “responder” e di £19.696 per QALY per la strategia “remission” a 10 anni. Dati a meno di 10 anni risultavano con ICER meno favorevoli. Saranno necessari altri studi per capire l’utilità dei biologici nella UC, tenendo conto dei risultati della chirurgia in tale condizione.

GMA-Apheresis

La “granulocyte, monocyte adsorption - apheresis” (GMA-aferesi) è un particolare dispositivo di aferesi che permette l’adsorbimento selettivo di granulociti e monociti/macrofagi dal sangue periferico. Comunque la sua azione non è solo quella di rimozione delle cellule infiammatorie ma anche di regolazione della risposta immune globale, con riduzione del rilascio di citochine infiammatorie e regolazione verso il basso delle molecole di adesione. Molti studi hanno confermato l’utilità di tale trattamento specie in pazienti cortisono-dipendenti. Il costo medio annuale nel paziente steroido-dipendente per raggiungere la remissione con trattamenti convenzionali è di €6059. Il costo medio annuale per paziente con UC che include il trattamento con GMA-aferesi è di €11.436. Si stima che il 38.5% dei pazienti raggiungono la remissione clinica con i trattamenti tradizionali rispetto al 61% in trattamento con GMA-aferesi, che porta rispettivamente ad un costo di €15.738 e €18.748 per remissione. Quindi, l’utilizzo della GMA-aferesi nel trattamento del paziente steroido-dipendente ha un costo di €23.898 per paziente che raggiunge la remissione clinica, senza ricevere un nuovo corso di trattamento steroideo o intervento chirurgico. Rispetto ai costi totali, la percentuale dei costi dovuti agli eventi avversi è minore per la GMA-aferesi rispetto all’azatioprina (21% contro 47%), mentre i costi dei farmaci rappresentano il 4% per l’azatioprina ed il 57% per la GMA-aferesi. L’ospedalizzazione che include la chirurgia incide per il 13% dei costi totali nel gruppo GMA-aferesi e per il 32% nel gruppo azatioprina. Infine i costi per visite mediche e procedure diagnostiche incidono per l’8% nel gruppo GMA-aferesi e per il 17% nel gruppo azatioprina. L’ICER (costi x QALY) è di €23.898.

Malattia di Crohn

Mesalazina orale

I farmaci contenenti mesalazina sono ancora utilizzati nella CD anche se la loro efficacia nell’indurre e nel mantenete la remissione è modesta. Il contributo della terapia a lungo termine con mesalazina nella CD è stato stimato in un modello che utilizza dati da una coorte di pazienti per 24 anni. Si stima che la mesalazina rappresenti il 29% dei costi totali diretti e la chirurgia il 44%. Un calcolo semplicistico che si basa su una metanalisi ci dice che la spesa farmacologica in termini di mesalazina per prevenire una recidiva nella CD è tra i $4.000 e i $10.000 (dati del 1994).

Corticosteroidi orali

Per questa classe di farmaci il discorso è uguale a quello già fatto per la UC. In particolare si è focalizzato sull’uso di corticosteroidi di II generazione specie nella fase di mantenimento della malattia. Sfortunatamente non vi sono dati in questo campo. È stato utilizzato un modello per stimare i costi e gli outcome della terapia di mantenimento nella CD mediante una formulazione di budesonide a rilascio controllato ileale contro nessun trattamento di mantenimento. Il trattamento a rilascio controllato di budesonide permette una riduzione di 16.6 (26%) giorni in riacutizzazione (cioè un aumento del 6% dei giorni di remissione) in un periodo di un anno confrontato a nessuna terapia di mantenimento. I costi diretti sanitari aumentavano del 6% portando ad un ICER di 101 Corone Svedesi per ogni giorno di remissione per la budesonide contro nessun trattamento (anno di pubblicazione 1998). Non è chiaro se il trattamento con budesonide sia da confrontare con nessun trattamento o con l’uso di azatioprina.

Agenti biologici

Malattia moderata-severa e fistolizzante

L’efficacia degli anti TNF alfa nella CD è fuori discussione. I due farmaci attualmente indicati per tale patologia sono l’infliximab e l’adalimumab. L’uso di altri agenti (es. certolizumab pegol) è meno definito. Per questi due agenti vi sono molti trial controllati con placebo in pazienti con malattia moderato-severa che dimostrano una chiara efficacia nell’indurre la remissione e nel prevenire la recidiva. È da notare che finora non vi sono studi di confronto diretto tra l’infliximab e l’adalimumab ma i dati sull’efficacia provengono da studi clinici disegnati in maniera molto simile. Questi farmaci sono molto costosi. In UK i costi giornalieri di una terapia standard orale con azatioprina (150 mg/die) è di sole £100 all’anno, mentre una singola infusione di infliximab costa oltre £1500 (5 mg/Kg per un adulto di 75Kg). Gli anti TNF alfa sono stati valutati nei pazienti con malattia attiva moderato-severa che non avevano risposto alla terapia tradizionale (anche all’azatioprina/6-MP). Senza terapia alternativa questi pazienti avrebbero dovuto utilizzare sempre più i corticosteroidi con una qualità di vita inaccettabile, o essere sottoposti ad interventi chirurgici quasi mai curativi in questa malattia. Non vi sono studi che misurano direttamente il costo efficacia della terapia biologica contro quella standard (compresa la chirurgia) nei pazienti moderato-severi. Ma ciò non sorprende in quanto tali trial avrebbero un disegno estremamente complesso, difficile da attuare. Comunque, gli anti TNF alfa certamente riducono la necessità di ospedalizzazioni ed interventi chirurgici che rappresentano un notevole carico economico nella CD.

Il trial ACCENT I (A Crohn’s Disease Clinical Trial Evaluating Infliximab in a New Long-term Treatment Regimen) che ha valutato l’Infliximab in un regime terapeutico a lungo termine, ha focalizzato sulla terapia di mantenimento in un periodo di 54 settimane in pazienti con malattia moderato-severa con risposta positiva alla fase di induzione. I soggetti in trattamento con 5 o 10 mg/kg ogni 8 settimane più facilmente mantenevano la remissione rispetto ai pazienti trattati con placebo (odds ratio 2.7). Una sottoanalisi ha dimostrato che i tassi di ospedalizzazione e di chirurgia si riducevano, assieme ad un aumento del tempo in remissione. Una ulteriore analisi ha mostrato che la ridotta necessità di ricovero anche per chirurgia era significativa in quei pazienti che erano sottoposti a terapia di mantenimento programmata rispetto a quelli che utilizzavano un trattamento con biologico in maniera occasionale. Il trial ACCENT II ha invece valutato la terapia di mantenimento nei soggetti con CD fistolizzante che avevano risposto alla terapia iniziale. Rispetto al placebo, i pazienti con malattia fistolizzante avevano bisogno di un minor numero di ricoveri (media 0.5 contro 2.5), con minori ricoveri per chirurgia e procedure (7 contro 41).

Il trial CHARM (Crohn’s trial of the fully Human antibody Adalimumab for Remission Maintenance) con l’Adalimumab ha confrontato il trattamento di mantenimento contro placebo nei soggetti con CD moderato-severo. Come per lo studio ACCENT I i pazienti che rispondevano alla fase di induzione venivano randomizzati al trattamento di mantenimento o al placebo. A 56 settimane quelli in trattamento con farmaco attivo erano in più del 50% dei casi in remissione. Altri dati hanno mostrato che il tasso di interventi chirurgici per 100 pazienti per anno di osservazione era 0.4 per quelli trattati con Adalimumab rispetto a 3.8 per quelli in placebo. Quindi anche in questo caso si otteneva un risparmio in termini di ricoveri ospedalieri ed interventi chirurgici per i soggetti in terapia di mantenimento con farmaco attivo.

Non è chiaro come la riduzione dei costi per l’assistenza ospedaliera per questo gruppo “responder” possa compensare i costi ingenti del farmaco. Il 40% dei pazienti che hanno ricevuto l’induzione non rispondono al trattamento, ed è noto che vi può essere una perdita di risposta al farmaco nel tempo con l’effetto di posporre invece che evitare l’intervento chirurgico. Inoltre, i pazienti selezionati per la terapia con biologico sono spesso quelli più severi con un rischio maggiore di recidiva. I dati dell’era pre-biologici suggeriscono che in alcuni pazienti la chirurgia può essere seguita da lunghi periodi di remissione.

Molti studi di modello economico hanno tentato di confrontare il costo efficacia della terapia biologica verso una terapia standard (non biologica) nella CD. Le fonti dei dati sono stati studi indipendenti e sponsorizzati, alcuni pubblicati per extenso ed altri con differenti gradi di dettaglio. Questo grado di variabilità degli studi hanno prodotto risultati piuttosto variabili. La strategia dell’utilizzo per altri scopi di dati estratti da trial pubblicati è definito “piggy-back”. Sfortunatamente non è possibile semplificare le misure economiche con dati “piggy-back” in trial controllati con placebo, in quanto il braccio placebo di questi studi non può essere definito come la terapia standard. Inoltre, nei trial a lungo termine di mantenimento vengono reclutati solo i pazienti che rispondono al trattamento iniziale mentre l’outcome clinico dei non responsivi rimane sconosciuto.

Per conoscere il costo efficacia totale della terapia con anti TNF alfa sono necessari i dati dei costi a lungo termine e l’outcome per tutte le categorie di pazienti che ricevono un trattamento.

Molti modelli economici hanno simulato il decorso a lungo termine della CD in condizioni di terapia standard, usando dati provenienti da uno studio osservazionale, l’Olmsted County cohort. Le probabilità di transizione tra otto stati di malattia, incluso la chirurgia e la morte, sono riportate in questo studio. Questo approccio di caratterizzare il decorso clinico della CD potrebbe determinare una sottostima del tasso di interventi chirurgici, che d'altronde viene riportata nei pazienti in trattamento con biologici. Il decorso clinico medio dei pazienti nella coorte Olmsted County è probabile che sia più benigna di quella dei pazienti selezionati per gli anti-TNF (che spesso si è dimostrato essere refrattari al trattamento standard). Questo può alterare il modello in favore del trattamento standard, sovrastimando il potenziale del trattamento standard e sottostimando il tasso di interventi chirurgici. Questo approccio ha calcolato degli ICER relativamente più alti per l’infliximab, in particolare nella terapia di mantenimento, che superano la soglia tradizionale di convenienza. Sebbene l’uso saltuario di anti TNF alfa abbia un ICER minore rispetto al mantenimento nei studi di economia, l’uso di biologici in maniera regolare e programmata è diventato l’approccio clinico favorito. Nel Regno Unito vi è un considerevole interesse nello stabilire la sostenibilità di questo approccio terapeutico in vista della stesura di nuove linee guida per la CD. Recenti modelli sponsorizzati dall’industria hanno evitato l’uso dei dati Olmsted County come fonte per il trattamento standard ma hanno invece adattato dati provenienti dal ramo placebo di trial clinici chiave. Questo approccio ha portato a ICER più favorevoli per l’infliximab e l’adalimumab quando utilizzati come terapia di mantenimento, con entrambi i modelli commerciali che riportano valori di base al disotto del tetto di £30.000 per QALY. Vi è una consistente eterogeneità tra i modelli economici disponibili in termini di metodologia e risultati. In due studi non sponsorizzati l’ICER è apparso non favorevole nel trattamento di mantenimento per tutta la vita. Invece, studi sponsorizzati dall’industria hanno riportato che il mantenimento con farmaci biologici ha un rapporto costo efficacia favorevole quando il trattamento è effettuato per un periodo relativamente breve di un anno (adalimumab) o 5 anni (infliximab). Comunque, il trattamento di mantenimento per uno o due anni determina un ICER maggiore di £30.000 per QALY, mentre l’analisi di soglia, basata su di un arco temporale che rappresenta tutta la vita, ha suggerito che entrambi gli agenti potrebbero presentare un rapporto favorevole costo efficacia se utilizzati continuamente per 4 anni, o anche più a lungo nel caso dell’adalimumab. Quindi, la terapia di mantenimento è probabilmente un’opzione favorevole dal punto di vista costo efficacia se somministrata per pochi anni (1-5 anni) ma non per l’intera vita. Comunque, mancano dati derivanti da studi clinici di lunga durata per stabilire con certezza il beneficio del trattamento per tutta la vita. Vi è molta incertezza nel predire l’outcome a lungo termine per il trattamento standard (medico e chirurgico) e per quello con agenti biologici. I modelli costo-utilità non hanno preso in considerazione la tendenza a lungo termine di perdita dell’efficacia nel mantenimento con anti TNF alfa e le implicazioni di un incremento delle dosi o riduzione dei tempi di somministrazione. Inoltre, i modelli non hanno considerato quel sottogruppo di pazienti con coinvolgimento esteso della malattia e per i quali il trattamento chirurgico offre poche prospettive terapeutiche. La “mancanza di memoria” dei modelli tradizionali di Markov significa che la probabilità di transizione non varia nel tempo o tra i pazienti; essenzialmente, ciascun paziente in uno stato di salute specifico affronta lo stesso decorso futuro “medio” di malattia, a prescindere dai loro interventi precedenti. Questo problema può essere particolarmente rilevante per modellare l’impatto degli interventi chirurgici, in quanto i successivi interventi chirurgici possono essere più costosi e meno efficaci rispetto al primo intervento. Relativamente minore attenzione è stata data alla modellazione dell’impatto di differenti livelli di prezzo per gli agenti biologici. I prezzi di mercato fissati dal produttore cercano di recuperare gli investimenti fatti per la ricerca e lo sviluppo e di generare profitti per sostenere e far crescere l’impresa. Fino a poco tempo fa le aziende erano libere di stabilire i propri prezzi nel Regno Unito entro un range di profitto molto ampio (schema “profit cap and price cut”). Dopo il 2014 questo schema verrà rimpiazzato con quello del “patient focused value based” che tiene conto dei benefici terapeutici che il farmaco porta al paziente. Uno studio modello dagli Stati Uniti ha esplorato l’influenza dei costi di acquisizione dell’infliximab sulle stime del costo-utilità per il trattamento medico iniziale delle fistole perianali. Il modello basale ha predetto un ICER molto sfavorevole per le strategie che utilizzano l’infliximab a confronto con il trattamento standard. Un’analisi di soglia ha suggerito che una riduzione dei costi all’ingrosso dell’infliximab da 2030 $ US a 304 $ US (cioè dell’85%) potrebbe variare l’ICER da 350.000 $ US per QALY a 54.050-127.200 $ US per QALY per il trattamento con infliximab.

Farmaci biologici nel trattamento precoce e nella strategia top-down

Sempre maggiore interesse si sta focalizzando sull’uso di anti TNF alfa in maniera precoce rispetto all’utilizzo in fasi più avanzate e severe di malattia che non rispondono ai trattamenti tradizionali. Al momento non vi sono dati rilevanti a riguardo. È auspicabile che si pianifichino studi clinici e quindi di tipo economico nella strategia top-down. Si può dedurre con modelli simulati che un paziente medio con CD, considerando i rischi di recidiva e di chirurgia nella intera popolazione e non solo di quella refrattaria. Se viene comprovata una efficacia clinica uguale o superiore del trattamento con biologici in una popolazione più eterogenea, non solo più refrattaria, allora potrebbe esserci un vantaggio in termini di costo efficacia per trattare con biologici ciascun paziente medio con un grado sufficiente di attività di malattia.

Bibliografia citata

Bodger K. Cost effectiveness of treatments for inflammatory bowel disease. Pharmacoeconomics 2011;29:387-401.

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