A cura del Comitato Medico Scientifico di AMICI Onlus
Vaccinazioni
Le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD) sono caratterizzate da uno stato infiammatorio cronico dell'apparato digerente. Il trattamento di queste patologie include farmaci a basso impatto sul sistema immunitario, come mesalazina ed antibiotici, e terapie con effetto immunosoppressivo, comprendenti tiopurine, cortisonici e farmaci biologici. I farmaci immunosoppressori, per quanto molto efficaci nel controllo dell’infiammazione intestinale, possono tuttavia esporre i pazienti ad un aumentato rischio di infezioni o alla possibilità di riattivazione di infezioni latenti. Per questo motivo, risulta fondamentale il ruolo di protezione dalle infezioni offerto dalle vaccinazioni, soprattutto per pazienti in terapia immunosoppressiva o che dovranno ricevere tale trattamento.
Lo scopo delle vaccinazioni è quello di stimolare il sistema immunitario a produrre anticorpi come difesa contro un determinato agente infettivo in modo da proteggere l’organismo in caso di esposizione futura a tale agente. I vaccini si dividono in due grandi categorie: i vaccini inattivati, costituti da componenti virali o batterici modificati e i vaccini “vivi” attenuati. Già dal momento della diagnosi di malattia di Crohn o di rettocolite ulcerosa è importante valutare il rischio del paziente di contrarre infezioni. In particolare, è opportuno valutare pregressi contatti con infezioni specifiche e la storia vaccinale, al fine di valutare il rischio durante l’uso di farmaci immunosoppressivi. Sulla base di queste informazioni il medico potrà impostare un adeguato programma vaccinale.
Le linee guida europee ECCO (European Crohn’s and Colitis Organization) del 2014 raccomandano di sottoporre i pazienti affetti da IBD ad alcune vaccinazioni specifiche, includenti quella verso il virus dell’epatite B, il virus della varicella, il virus dell’influenza, il papilloma virus, e verso lo pneumococco. Tali vaccini sono sicuri nei pazienti affetti da IBD e non sono associati al rischio di riacutizzazione della malattia infiammatoria cronica intestinale. La limitazione principale legata ai vaccini dipende dalla terapia immunosoppressiva e dal tipo di vaccino, inattivato o vivo attenuato. I vaccini vivi attenuati (es. febbre gialla) sono controindicati nei pazienti che stanno o hanno assunto di recente una terapia immunosoppressiva, perché potrebbero scatenare l’infezione stessa.
Il vaccino della varicella rientra nella categoria dei vaccini “vivi”, pertanto deve essere somministrato almeno tre settimane prima di iniziare la terapia immunosoppressiva. Il vaccino per la varicella è indicato se non è mai stata contratta l’infezione; se il paziente è in dubbio o non si ricorda di aver contratto la varicella, lo si può verificare attraverso appositi esami del sangue.
Tutti i pazienti con IBD dovrebbero essere sottoposti annualmente a vaccinazione anti influenzale per evitare il rischio di complicanze, in particolare se sono in trattamento con farmaci immunosoppressori. I dati di letteratura dicono che il vaccino antinfluenzale inattivato è sicuro nei pazienti affetti da IBD, non influisce sull'attività di malattia, e sebbene la capacità del sistema immunitario di rispondere al vaccino possa essere ridotta dall'immunosoppressione, è efficace anche nei pazienti immunosoppressi.
Per quanto riguarda l’infezione da meningocco trasmessa da Neisseria meningitidis è disponibile il vaccino contro diversi ceppi di meningocco e non è controindicato nei pazienti con IBD. Il rischio di contrarre questa infezione non è più elevato nei pazienti con IBD, pertanto per la vaccinazione valgono le indicazioni della popolazione generale (es. persone che viaggiano in aree endemiche, splenectomizzati).
Per quanto riguarda i bambini affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali in tema di vaccinazioni si applicano le stesse raccomandazioni generali che valgono per gli adulti. Un caso particolare è quello dei bambini sani nati da madri trattate con farmaco biologico durante la gravidanza, per i quali sono controindicate le vaccinazioni con virus vivi nei primi sei mesi di vita in quanto il farmaco somministrato alla madre è in grado di attraversare la barriera placentare e raggiungere il bambino esponendolo al rischio di immunosoppressione.
Malattie infiammatorie croniche intestinali e viaggi: rischi?
I pazienti con IBD sono più soggetti a recidiva di malattia durante i viaggi. Questo non deve limitare la possibilità di viaggiare ma è corretto adottare le opportune precauzioni.
I rischi maggiori sono collegati alla recidiva di malattia o alle complicanze legate alla malattia dovute ad infezioni gastrointestinali contratte durante il viaggio, al cambio delle abitudini alimentari e alla ridotta aderenza alla terapia (es. dimenticanza, difficoltà a reperire il farmaco durante il viaggio). L’altro importante fattore di rischio è l’esposizione ad agenti infettivi, soprattutto per chi assume terapie immunosoppressive e per chi viaggia in paesi in via di sviluppo. Il rischio di riacutizzazione dipende inoltre dal numero di precedenti riacutizzazioni o ospedalizzazioni legate alla malattia e allo stato di remissione nei tre mesi precedenti al viaggio. Pertanto è importante prima di partire pianificare una visita con il proprio medico di riferimento che valuterà lo stato di remissione di malattia e che raccomanderà la prosecuzione della terapia anche in vacanza, fornendo istruzioni sulle modalità di conservazione/trasporto dei farmaci e suggerimenti su cosa fare in caso di riacutizzazione di malattia durante il viaggio.
Sarà opportuno verificare se vi sono infezioni endemiche nella meta prescelta per il viaggio e nel caso effettuare le vaccinazioni preventive indicate dalla World Health Organization (WHO). Per i soggetti in terapia immunosoppressiva o con farmaco biologico sono controindicati i viaggi in aree endemiche per la febbre gialla (soprattutto l’Africa Sub-Sahariana e il Sud America) perché il vaccino rientra tra le categorie di vaccini “vivi” controindicati nell'immunosoppressione.
Per le aree a rischio di malaria le precauzioni da adottare sono le stesse della popolazione generale (prevenzione della puntura d’insetto e profilassi farmacologica nelle aree a rischio). I soggetti che viaggiano in aree ad alto rischio di tubercolosi dovranno effettuare uno screening per la tubercolosi latente prima di partire e anche alcune settimane dopo il ritorno dal viaggio.
Una delle più comuni manifestazioni legate ai viaggi è la diarrea del viaggiatore. La diarrea del viaggiatore solitamente dura da 1 a 5 giorni ma nel 5-10% dei casi può durare fino a 2 settimane o oltre. Probabilmente i soggetti affetti da IBD non sono più a rischio di contrarla ma è bene prevenire la comparsa di diarrea in viaggio stando attenti all’assunzione di cibo e di acqua per evitare il rischio di infezione da Salmonella o altre specie batteriche (es. bere acqua confezionata e durante il nuoto non bere acqua delle piscine). Il rischio della diarrea del viaggiatore è quello di essere scambiata dal paziente come una riacutizzazione di malattia ed essere trattata impropriamente come tale.
Cosa fare in caso di comparsa di diarrea di ritorno da un viaggio? Per prima cosa bisognerà rivolgersi al medico che prescriverà degli accertamenti inclusi gli esami delle feci per la ricerca di batteri e parassiti ed esami del sangue. È possibile che dopo un episodio di diarrea acuta legata al viaggio, ancora per alcune settimane il paziente manifesti i sintomi che non saranno più legati all’infezione ma a una possibile transitoria intolleranza al lattosio post infettiva o ad una sindrome dell’intestino irritabile.