Presentate le raccomandazioni per promuovere buone prassi di engagement e presa in carico dei bisogni psicologici, sociali e assistenziali nei pazienti con MICI

UNIVERSO MICI: COMPLESSITÀ, MULTIFATTORIALITÀ, TERRITORIO E NUOVE TECNOLOGIE. 

L’ENGAGEMENT DEL PAZIENTE, ATTORE FONDAMENTALE PER LA QUALITÀ DELLE PROPRIE CURE, BENESSERE PSICOFISICO E QUALITÀ DELLA VITA.

Finalmente le persone con malattie infiammatorie croniche intestinali potranno contare su un “corpus” di buone pratiche condivise, da applicare immediatamente nella prassi clinica quotidiana

Milano, 24 giugno 2020 – “Faber fortunae suae”. Così definivano i latini la persona in grado di essere artefice della propria buona sorte. Ed in estrema sintesi, e con tutte contestualizzazioni del caso, è questo il risultato a cui è giunta la “Commissione di Consenso sulle buone prassi di promozione dell’Engagement e di presa in carico dei bisogni psico-socio-assistenziali delle persone con MICI” composta da 40 persone, in otto mesi di lavoro. La Commissione, AMICI ONLUS (Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell'Intestino), in collaborazione con il Centro di Ricerca EngageMinds Hub dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e con l’Istituto Superiore di Sanità presentano in occasione di un evento live il 23 giugno alle ore 11  in contemporanea su tre piattaforme (Facebook, Youtube e Twitter) le “Raccomandazioni per la promozione dell’Engagement e la presa in carico dei bisogni psico-socio-assistenziali delle persone con MICI”, le prime del genere, in Italia.

Il documento italiano risponde ad una tendenza evidente nella letteratura scientifica internazionale che, al riguardo, sta convergendo, sempre più negli ultimi anni, verso il paradigma dell’engagement e della proattività da parte del paziente che diventerebbe in questo modo co – protagonista insieme al gastroenterologo, del proprio percorso di miglioramento.

Le Raccomandazioni hanno identificato pratiche e strumenti efficaci per promuovere buone prassi di promozione dell’engagement e di presa in carico psico-socio-assistenziale delle persone con MICI, sulla base di una metodologia ben precisa: gli standard definiti dal Consensus Development Program del NIH statunitensi e la metodologia descritta nel Manuale  SNLG dell’Istituto Superiore di Sanità. 

Dal punto di vista metodologico, il documento risponde ai seguenti quesiti: 

  1. Quali sono i bisogni psico-socio-assistenziali e di engagement connessi alla presa in carico di pazienti con MICI durante l’infanzia, l’adolescenza e la giovane età adulta? 

  2. Quali sono gli interventi (non farmacologici) per la presa in carico dei bisogni psico-socio-assistenziali e di engagement durante l’infanzia, l’adolescenza e la giovane età adulta nelle patologie MICI? 

  3. Quali sono i bisogni psico-socio-assistenziali e di engagement prioritari del paziente con MICI in età adulta?  

  4. Quali sono gli interventi (non farmacologici) per la presa in carico dei bisogni psico-socio-assistenziali e di engagement dei pazienti con MICI in età adulta? 

  5. Quali sono le tecnologie prioritarie negli interventi di presa in carico dei bisogni psico-socio-assistenziali e di engagement dei pazienti con MICI? 

In risposta a tali quesiti le Raccomandazioni hanno: identificato i bisogni psico-socio-assistenziali e psicologici prioritari delle persone con MICI; definito le buone prassi per una relativa presa in carico socio-assistenziale e psicologica, individuato il momento più idoneo in cui dovrebbe avvenire la presa in carico dei bisogni socio-assistenziali e psicologici delle persone con MICI definendo leve e ostacoli del processo di engagement; proposto indicatori di qualità di vita e di monitoraggio specifici del processo psico-socio-assistenziale e del processo di promozione dell’engagement (inclusi elementi socio-economici); promosso un consenso multidisciplinare (e fra professionisti sanitari, pazienti e i loro famigliari).

Esito di tale lavoro: le Raccomandazioni trasversali comuni al contesto adulto e pediatrico:

  • “Le patologie MICI, per la loro complessità, richiedono una presa in carico multi prospettica, inclusiva di obiettivi psicologici, sociali e assistenziali

  • Per il raggiungimento di tali obiettivi si rende necessaria un’organizzazione dell’intervento clinico in ottica multidisciplinare (attraverso il potenziamento delle IBD Unit) e il più ampio coinvolgimento attivo del paziente e del caregiver attraverso interventi di sostegno e promozione dell’engagement

  • Con riferimento alle IBD Unit deve essere potenziato il suo ruolo chiave di coordinamento e integrazione sia al suo interno che nella relazione tra ospedale e territorio, garantendo così continuità nella presa in carico del paziente

    • Sul piano interno si deve includere una pluralità di ruoli (pediatra, chirurgo, infermiere, nutrizionista, stomaterapista, assistente sanitario, psicologo) con una specificità di compiti. Ruoli e compiti necessitano di una azione di coordinamento/ integrazione anche attraverso una formazione al team work

    • Sul piano delle relazioni con il territorio sono da sviluppare due prospettive di integrazione: fra ospedale, medicina territoriale e Associazioni Pazienti da un lato, fra obiettivi clinici e obiettivi “di vita” (famiglia, lavoro, scuola…) dall’altro

  • Il paziente e il caregiver devono essere riconosciuti come attori fondamentali per la gestione efficace delle patologie MICI. Il che rende necessario il loro potenziamento personale e di ruolo attraverso opportune attività di engagement che migliorino sia l’aderenza terapeutica che lo stile di vita 

  • Le nuove tecnologie costituiscono uno strumento per promuovere una gestione della patologia integrata e orientata alla continuità terapeutica, nonché alla promozione dell’engagement”.

 “Abbiamo iniziato questo percorso ad ottobre” – commenta Enrica Previtali, Presidente AMICI Onlus -  e nel frattempo è accaduto l’impensabile. Noi, però, abbiamo continuato a lavorare e, pur con le innumerevoli difficoltà del caso, abbiamo portato a compimento questo programma che per noi costituisce una pietra miliare. La patologia, infatti, presenta una evoluzione cronica, progressiva ed un andamento fluttuante che crea una condizione di disagio psico-sociale nella persona che ha difficoltà a vivere normalmente a causa della compromissione della qualità di vita in termini di benessere personale, lavorativo e interpersonale. Per questo abbiamo voluto portare a termine il progetto con determinazione. I circa 200.000 italiani con MICI possono ora finalmente contare su un impianto teorico codificato relativo alla centralità dell’engagement del paziente, approvato da tutte le parti in causa provenienti dai diversi mondi professionali, istituzionali e associativi, clinici. Questa è la base di partenza: l’impianto teorico ora dovrà trasformarsi in prassi consolidata in modo uniforme sul territorio, in modo che siano abbattute le differenze di trattamento ed accesso ai servizi e cure. Un paziente ingaggiato crea per sé il proprio potenziale di salute e benessere psicofisico, contribuendo alla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, perché aderisce alle cure e non spreca risorse. La ricetta per ottenere questo? Presa in carico multidisciplinare, supporto psicologico, dialogo con il territorio e tanta tecnologia!”.

La commissione ha elaborato raccomandazioni specifiche per l’età pediatrica per la presa in carico in età pediatrica, adolescenziale e giovane adulta, di cruciale importanza per il principale caregiver che in questo caso sono i genitori:

  • “E’ fondamentale sostenere il paziente pediatrico e i suoi caregiver in particolare in due fasi specifiche del percorso di malattia: la fase di esordio (attraverso lo screening e l’intervento precoce); la fase di transizione dalla presa in carico pediatrica a quella adulta (attraverso l’ambulatorio di transizione)

  • La scuola deve essere riconosciuta e coinvolta come un interlocutore cruciale con cui interfacciarsi per una presa in carico efficace del paziente pediatrico”. 

“Il concetto di multidisciplinarietà per la gestione del paziente affetto da MICI” – commenta Marco Daperno, Segretario Generale di IG-IBD -  “è uno dei punti che vede attualmente impegnata la Società scientifica di riferimento nazionale (IG-IBD). La gestione del percorso terapeutico in area IBD (diagnosi, terapia biologica, chirurgia, riacutizzazioni, transizione) richiede l’interfacciarsi di diverse figure professionali. Il confronto multidisciplinare, da articolare in relazione alle diverse fasi della malattia (diagnosi, decorso, fasi critiche, remissioni…) prevede il coinvolgimento di varie figure orientate su specifici compiti: Pediatra, infermiere di riferimento e, eventualmente, chirurgo per fornire alla famiglia tutte le informazioni necessarie rispetto alla patologia, al decorso, ai trattamenti nonché alle modalità di accesso ai servizi sanitari, visite follow up ecc. Oltre a questi professionisti, il team dovrebbe includere anche: l’assistente sociale per dare alla famiglia informazioni rispetto alla legislazione e ai diritti del paziente e dei famigliari (esenzioni, indennità di frequenza, scuola a domicilio, assegni famigliari, diritto alla legge 104, eventuali contributi e sussidi nazionali e regionali ecc.), lo Psicologo (esperto in MICI) per accompagnare il paziente nel processo di adattamento alla patologia, valutarne l’eventuale bisogni informativi e di supporto, nonché facilitare l’integrazione degli interventi multiprofessionali (pediatra, chirurgo, infermiere, nutrizionista, stomaterapista, assistente sanitario…); il Nutrizionista per fornire una consulenza nutrizionale che possa dare alle famiglie adeguate indicazioni sul regime alimentare “.  

Queste, invece, le Raccomandazioni specifiche per la presa in carico in età adulta:

  • “È importante promuovere iniziative di sensibilizzazione rivolte all’opinione pubblica e agli stakeholders politico-istituzionali al fine di migliorare l’awareness sul burden di malattia e l’accoglimento sociale del paziente MICI (riduzione dello stigma)

  • E’ importante identificare standard di buone pratiche nella presa in carico psico-socio-assistenziale delle patologie MICI al fine di migliorare la qualità dell’assistenza 

  • in questa area patologica e fornire adeguati benchmark di confronto”.

“Promuovere il coinvolgimento attivo e l’engagement delle persone che soffrono delle MICI” - conferma  Guendalina Graffigna, Direttore EngageMinds HUB, Università Cattolica del Sacro Cuore - “è oggi cruciale per garantire l’efficacia e la sostenibilità delle cure, oltre che per migliorare il benessere psicologico e la qualità di vita dei pazienti. Questo però richiede politiche e supporti specifici e mirati. Con questa Conferenza di Consenso si è compiuto un importante passo in avanti verso la definizione di raccomandazioni per la migliore presa in carico psico-socio-assistenziali dei pazienti a favore del loro engagement nel percorso sanitario”.