Il progetto "AMICI WE CARE", promosso dalla nostra Associazione e realizzato in collaborazione con il centro di ricerca EngageMinds HUB dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e con il Patrocinio di IG-IBD, è stato compiuto prendendo in esame sia il punto di vista del paziente sia quella del clinico, al fine di restituire un’indagine completa e fornire uno strumento attendibile a coloro che possono intervenire concretamente al miglioramento della vita delle persone con tali stati cronici.
L’indagine, ha messo in evidenza la diversa percezione della qualità della vita dei pazienti e come questa migliori con un maggior coinvolgimento attivo del paziente nella cura. Un processo complesso che deve coinvolgere più specialisti, che non può più contemplare solo la componente organica della malattia, ma deve necessariamente tener conto anche del vissuto e dei bisogni psicologici del paziente nel suo percorso sanitario.
La maggioranza dei medici 69% manifesta comunque una sensibilità positiva verso il coinvolgimento del malato, anche se spesso ancora limitato, mentre un 20% ritiene che il ruolo attivo del malato sia solo quello di seguire le indicazioni mediche. Fa però ben sperare ad un cambio di tendenza l’11%, rappresentato da medici con meno 10 anni di esperienza lavorativa, che considera davvero il malato come membro “attivo” del team di cura.
Solo il 25% dei malati aderisce in modo corretto alle terapie, ma il grado di adesione del paziente cresce all’aumentare dell’engagement.
I risultati indicano chiaramente come il coinvolgimento attivo del malato nel processo di cura, aumentando e favorendo l’informazione, genera una migliore gestione della malattia, aumenta l’aderenza ai trattamenti, migliora lo stile di vita del malato e porta una diminuzione dei costi sanitari. Persone con alti livelli di engagement risultano avere una spesa sanitaria diretta (farmaci, viste, esami) inferiore del 20% e hanno un tasso di giorni di assenza dal lavoro per le cure più basso del 25%.
La parte finale dello studio mostra come sia diversa la percezione del medico rispetto a quella del paziente.
Queste divergenze tra gastroenterologi e pazienti nelle valutazioni di importanza e di soddisfazione riguardo ai criteri di qualità di cura fa sì che il “decalogo delle priorità” presenti notevoli differenze soprattutto per gli aspetti legati alla personalizzazione delle terapie e alla partecipazione attiva del paziente nelle scelte terapeutiche.