Dott.ssa Sara Renna, Dott. Ambrogio Orlando - U.O. di Medicina Interna, Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti “Villa Sofia-Cervello” Palermo
Le malattie infiammatorie croniche intestinali (malattia di Crohn e Rettocolite Ulcerosa) sono caratterizzate da una condizione di infiammazione cronica dell’intestino che risulta da una complessa interazione tra fattori genetici, fattori ambientali ed una disfunzione del sistema immunitario. I trattamenti oggi a disposizione per queste patologie comprendono farmaci immunosoppressori come il cortisone, l’azatioprina, il metotrexate e i nuovi farmaci biologici (infliximab e adalimumab). Sebbene questi farmaci siano molto efficaci sia nell’indurre che nel mantenere la remissione, il loro utilizzo prolungato aumenta il rischio di infezioni severe, che è già più elevato in questi pazienti rispetto alla popolazione generale [1-4]. Poiché l’insorgenza di un evento infettivo può notevolmente incidere sul decorso della malattia di base, una protezione dalle più comuni infezioni, mediante vaccinazione, può contribuire a migliorare la storia clinica di questi pazienti. La vaccinazione generalmente determina una risposta immune adattativa dell’organismo con produzione di anticorpi diretti contro l’antigene somministrato, in forma inattivata o attenuata, che comincia 7 giorni dopo la vaccinazione ed ha il suo picco dopo 2-4 settimane [5].
Il principale problema riguardante la vaccinazione nei pazienti con malattia di Crohn e Rettocolite Ulcerosa in trattamento con farmaci immunosoppressivi è la capacità del sistema immunitario, soppresso farmacologicamente, di rispondere adeguatamente alla stimolazione antigenica.
Nel 2004 sono state pubblicate delle linee guida che raccomandano la somministrazione di vaccini inattivati nei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali [6], sebbene pochi studi abbiano esaminato quale sia la risposta sierologica allo stimolo esercitato da questa tipologia di vaccini in questa popolazione di pazienti. Uno studio di qualche anno fa ha mostrato che bambini con malattie infiammatorie croniche intestinali possono avere una inadeguata risposta anticorpale dopo stimolazione con vaccino anti-influenzale inattivato, rispetto alla popolazione sana [7].
Altri 3 studi hanno mostrato risultati contrastanti [8-10]. In tutti gli studi il vaccino è stato comunque ben tollerato, non è stata riportata una maggiore percentuale di effetti collaterali nei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali, né è stata osservata una correlazione tra la somministrazione del vaccino e l’attività della malattia intestinale. Gli autori di tutti gli studi hanno alla fine concluso ponendo indicazione alla vaccinazione anti-influenzale nei pazienti con malattia di Crohn e Rettocolite Ulcerosa.
In contrasto con questi studi, uno studio che è stato effettuato su pazienti con malattie reumatiche in trattamento con infliximab ha mostrato sorprendentemente che effettuare la vaccinazione anti influenzale lo stesso giorno in cui si pratica l’infusione di infliximab potrebbe addirittura facilitare la siero conversione [11].
L’influenza è generalmente un’infezione respiratoria acuta, che ha un andamendo epidemico stagionale e nella maggior parte dei casi si auto-limita senza lasciare reliquati. Se però l’influenza colpisce un soggetto con una patologia cronica come la malattia di Crohn o la Rettocolite Ulcerosa, ancor più se in trattamento con un farmaco immunosoppressore, il rischio di complicanze severe, come la polmonite, aumenta notevolmente. L’influenza è però anche una delle più comuni infezioni prevenibili tramite vaccinazione.
Generalmente sono disponibili 2 tipi di vaccini per l’influenza stagionale, un vaccino vivo attenuato ed un vaccino trivalente inattivato; solo quest’ultimo tipo di vaccino è raccomandato nei pazienti immunosoppressi [12]. La composizione di questo vaccino viene rivista ogni anno ed adattata sulla base del ceppo virale stagionale.
Le linee guida ECCO pubblicate nel 2009 [13] raccomandano la vaccinazione anti influenzale nei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali, inclusi i pazienti che fanno uso di farmaci immunosoppressori.
Le linee guida italiane per l’utilizzo dei farmaci biologici, pubblicate nel 2011 [14] confermano l’indicazione alla vaccinazione con vaccino inattivato prima e durante trattamento immunosoppressivo con farmaci biologici, mentre considerano controindicata la vaccinazione mediante vaccino vivo attenuato.
Ad aprile 2009 sono stati individuati i primi casi di influenza H1N1, una variante del ceppo influenzale A, caratterizzata da una combinazione di segmenti genici che non era mai stata identificata tra i virus che colpiscono l’uomo. A questi casi è seguita una fase pandemica che ha destato molto allarmismo nella popolazione mondiale. A casi manifestati con sintomatologia attribuibile ad una semplice influenza sono stati infatti segnalati casi molto più gravi, che hanno portato alla morte per grave insufficienza respiratoria. Il dato allarmante è stato il fatto che ad essere maggiormente colpiti dalle forme più severe di questa variante influenzale sono stati i giovani ed i bambini, probabilmente per una pregressa immunizzazione avvenuta nelle generazioni passate [15]. Soggetti particolarmente a rischio durante la pandemia sono stati considerati inoltre le donne in gravidanza, i pazienti con concomitanti patologie respiratorie e cardiache, diabete, obesità, e ovviamente i pazienti immunodepressi. I pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali, essendo per lo più soggetti giovani ed immunodepressi farmacologicamente, sono ovviamente rientrati nella categoria a rischio di complicanze da influenza H1N1.
Sicuramente dai dati presenti in letteratura rimangono ancora dei dubbi su quale sia la reale capacità del sistema immunitario di un paziente con malattie infiammatorie croniche intestinali, in trattamento immunosoppressivo, di rispondere adeguatamente allo stimolo antigenico di un vaccino inattivato. Tuttavia, data l’ottima tollerabilità del vaccino, su cui concordano i risultati di tutti gli studi, il beneficio di una possibile immunizzazione contro una patologia che può creare seri problemi ad un paziente immunodepresso supera il rischio legato alla vaccinazione.
In conclusione ad oggi la raccomandazione per i pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali, in particolare se in trattamento con farmaci immunosoppressori o biologici, è di effettuare la vaccinazione anti influenzale sia contro il virus stagionale che contro l’H1N1, seguendo le direttive nazionali.