Milano, 20 ottobre 2015. Biologici e biosimilari: il punto di vista AMICI. Alla luce delle scadenze brevettuali sono già in commercio, e presto ne arriveranno altri, farmaci biologici simili a quelli a copertura scaduta, comunemente denominati biosimilari. Il farmaco biosimilare, dunque, è un farmaco comparabile ad un farmaco biologico già autorizzato ed il cui brevetto è scaduto.
L’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco biosimilare si basa su un procedimento volto a verificare la sua comparabilità con il prodotto di riferimento in termini di qualità, sicurezza ed efficacia.
Ogni pallottola in più nel cartucciere a disposizione del clinico per combattere le mici è benvenuta. Questo per AMICI è stato vero…
Cosa sono i farmaci biosimilari
Alla luce delle scadenze brevettuali sono già in commercio, e presto ne arriveranno altri, farmaci biologici simili a quelli a copertura scaduta, comunemente denominati biosimilari. Il farmaco biosimilare, dunque, è un farmaco comparabile ad un farmaco biologico già autorizzato ed il cui brevetto è scaduto.
L’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco biosimilare si basa su un procedimento volto a verificare la sua comparabilità con il prodotto di riferimento in termini di qualità, sicurezza ed efficacia.
Ogni pallottola in più nel cartucciere a disposizione del clinico per combattere le mici è benvenuta. Questo per AMICI è stato vero negli anni ’80, all’esordio dei farmaci biologici prodotti con biotecnologie. In quella occasione abbiamo sostenuto la nuova opportunità terapeutica di fronte alle resistenze, rivelatesi in poco tempo inutili, del sistema pubblico sanitario. Lo facciamo anche oggi quando, allo scadere del brevetto dell’originatore, si affacciano sul mercato i biosimilari. Ma come allora e come facciamo sempre a difesa dei malati che assistiamo e tuteliamo, per noi le parole chiave sono:
- l’efficacia del medicinale;
- la sicurezza del medicinale;
- la libertà di scelta terapeutica del clinico;
- la qualità del percorso terapeutico e di presa in carico del malato.
L’efficacia del medicinale
I biosimilari vengono normalmente autorizzati diversi anni dopo l'approvazione del farmaco di riferimento. Questo perché il farmaco di riferimento beneficia di un periodo di esclusività commerciale, durante il quale i biosimilari non possono essere commercializzati.
Il percorso normativo e regolatorio per l'approvazione dei farmaci biosimilari è differente da quello dei farmaci generici. La procedura di registrazione dei biosimilari è centralizzata a livello europeo ed è vincolante per ogni Stato membro: l’EMA (l’Agenzia Europea dei Medicinali) rilascia l'autorizzazione all'immissione in commercio dopo aver valutato informazioni generali, materie prime, processo di produzione, controlli di qualità, caratterizzazione e controllo della sostanza attiva ed i risultati degli studi clinici di fase I e III.
In Italia, l’AIFA (l’Agenzia del Farmaco) valuta la rimborsabilità del farmaco biosimilare, ne decide il regime di dispensazione e, attraverso una procedura negoziale, ne definisce il prezzo, che è ridotto rispetto a quello del prodotto di riferimento.
La UE ha emanato nel 2005 apposite linee guida per l'approvazione dei biosimilari, poi recepite anche dall'Italia, attraverso l’AIFA. L'idea di fondo è che i biosimilari non devono seguire le normali procedure che accompagnano l'approvazione dei nuovi farmaci, ma devono dimostrare la loro equivalenza terapeutica ai farmaci originatori che vanno ad affiancare; quindi devono dimostrare la stessa o superiore efficacia, rispetto ad un range prestabilito del 10% in più o in meno.
Dopo la registrazione del biosimilare, vanno pianificati studi di farmacovigilanza attiva per dimostrarne l’efficacia terapeutica. Occorreranno studi di efficacia specifici per la patologia e studi, o registri, di farmacovigilanza per la sicurezza: questi studi dovranno essere di lunga durata, con specifica del tipo di farmaco utilizzato.
La sicurezza del medicinale
L’originatore e il biosimilare hanno la stessa indicazione terapeutica, ma non è corretto parlare di “equivalenza terapeutica”. I farmaci biosimilari, come detto, non sono i “generici” dei biologici, poiché l’impiego di sistemi cellulari per la loro produzione non consente di ottenere la “copia” identica di una molecola.
Ci si riferisce, infatti, alla comparabilità proprio per la natura complessa dei farmaci biologici e degli altrettanto complessi metodi di produzione, siano essi farmaci biologici originatori o biosimilari.
Non a caso, le stesse Aziende produttrici di farmaci biologici originatori, quando apportano modifiche ai complessi processi di produzione, devono dimostrare che il prodotto così ottenuto è “simile” (“comparabile”, non “identico”) all’originatore in termini di qualità, sicurezza ed efficacia.
La decisione di estendere i dati di efficacia e sicurezza da un’indicazione per la quale il biosimilare è stato clinicamente testato ad altre indicazioni per le quali il prodotto registrato è approvato viene detta "estrapolazione".
Vale lo stesso principio utilizzato per i farmaci originatori e per qualunque categoria di biosimilari. I farmaci biologici non sono una classe omogenea e ogni principio attivo dovrebbe essere valutato contestualmente alla sua struttura ed efficacia nell'area terapeutica in cui è utilizzato.
La libertà di scelta terapeutica del clinico
Considerando che alcuni farmaci biosimilari sono di recente introduzione, e quindi non hanno alle spalle anni di studio sui loro effetti, e che la resa qualitativa e quantitativa (in termini di efficacia/tollerabilità/risultato) può essere differente dall’originatore, per un cosiddetto paziente “naive” (“paziente che non ha mai assunto quella determinata terapia”), va gestita con particolare attenzione l’accettabilità clinica nell’utilizzo indifferente del farmaco biosimilare piuttosto che del suo originatore.
Ogni malato, infatti, presenta una realtà clinica propria e soggettiva. Si può ipotizzare che nei malati di nuova diagnosi (“drug naive”) non si pongano particolari problemi alla rapida adozione dei biosimilari, pur in presenza di pochi studi che ne dimostrino l’efficacia e la sicurezza nelle MICI.
Malati con storia clinica complessa, in termini di raggiungimento della risposta terapeutica, magari con tentativi ripetuti con i vari farmaci originatori, saranno da spostare con cautela dal trattamento nel quale sono stati stabilizzati. È chiaro che vogliamo essere certi che comunque ogni decisione venga assunta dal personale medico e non amministrativo. Solo il personale medico si troverà nella condizione di poter intravedere tutte le implicazioni di un passaggio al biosimilare, decisione alla quale deve concorrere non solo il fattore economico, pur importante, ma anche la conoscenza dell’anamnesi farmacologica e della storia clinica del singolo malato.
Per i malati di nuova diagnosi (drug naive), invece, non ci sono motivi per consigliare cautela nell’adottare i farmaci biosimilari.
La qualità del percorso terapeutico e di presa in carico del malato
Il medico sarà tenuto a comparare rischi e benefici connessi ad ogni possibile terapia ed a comunicare al malato ogni profilo relativo alla sicurezza nell'assunzione. Il ruolo del medico diventa ancor più delicato laddove, oltre alla scelta tra le molteplici opzioni terapeutiche, egli debba gestire i problemi connessi alle varietà di nuovi farmaci utilizzabili per realizzare un medesimo scopo. In queste circostanze appare particolarmente importante garantire al medico la concreta possibilità di poter egualmente praticare tutte le opzioni. E’ importante che in questo processo decisionale e di assunzione della responsabilità, il medico non debba entrare in conflitto con altre figure professionali, quali il farmacista territoriale o ospedaliero.
E’ da sottolineare, infine, la mancanza di un indirizzo istituzionale univoco in materia, soprattutto in capo alle Regioni. La competizione con i biosimilari è ancora molto limitata, come pure le informazioni attendibili sull’impatto di questi ultimi sul mercato farmaceutico. Quindi, ci sono ancora molte incertezze su quanto e come si svilupperà la concorrenza e se, soprattutto, essa andrà a vantaggio del malato in un più corretto e proficuo utilizzo delle risorse, sempre scarse, disponibili.
Volendo analizzare il rapporto costo-efficacia e costo-utilità, ad oggi sono disponibili pochi studi di confronto fra farmaco biologico originale e biosimilare. Al momento non è quindi possibile parlare di una riduzione di costi causata dall’introduzione dei biosimilari, ma solo di un risparmio economico. Infine, non bisogna sottovalutare la “safety”: occorre che tutti questi farmaci vengano tracciati attraverso un “passaporto infusivo”, dove annotare la singola fiala, il lotto e la corretta gestione del farmaco fino alla sua somministrazione, in modo che l’eventuale insorgenza di effetti collaterali possa essere riferita ad un farmaco piuttosto che ad un altro.
AMICI ritiene che sarebbe stato auspicabile da parte dell’AIFA, o altri organismi predisposti, che al pari di altre nazioni (es. Norvegia) fosse stato attivato un programma di sorveglianza rigoroso per l’implementazione del biosimilare infliximab, che rappresenta il primo anticorpo monoclonale biosimilare. Ci impegniamo affinché nella declinazione a livello regionale dell’utilizzo del biosimilare si garantisca il principio di libera scelta del clinico senza eccessivi irrigidimenti burocratici e formali.
Infine, solleciteremo le società scientifiche affinché, anche in mancanza di iniziative analoghe da parte dell’AIFA, in collaborazione con AMICI, promuovano registri su scala nazionale per il monitoraggio dell’efficacia, sicurezza ed esiti nell’utilizzo di farmaci biologici e biosimilari.