COVID19: presentate due ricerche effettuate a marzo in piena emergenza da AMICI Onlus

Due ricerche effettuate a marzo in piena emergenza da AMICI Onlus: la prima in collaborazione con Cittadinanzattiva, la seconda con EngageMinds HUB – Università Cattolica di Milano. Oltre 3700 i questionari compilati.

LA RICETTA PER SUPERARE LA CRISI: DELOCALIZZAZIONE DELLE TERAPIE, RINNOVO DEI PIANI TERAPEUTICI, DISTRIBUZIONE FARMACI, RICETTA ELETTRONICA, FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO, TELEMEDICINA

28% riporta il timore di aver contratto l’infezione da COVID19 anche se non è stato sottoposto al tampone. il 52% dichiara che ai loro caregivers non è stata fornita nessuna chiara indicazione preventiva/educativa . Il 61% dei pazienti italiani con MICI è risultato molto preoccupato per l’emergenza da Covid-19 e nella maggioranza dei casi, percepisce un alto rischio di contagio dal virus, per sé (59%) e per i propri cari (81%). Il 29% degli Italiani con MICI ha disdetto visite ospedaliere in questo periodo per paura di contrarre il virus

Milano, 26 giugno 2020 – Questa pandemia ha messo a soqquadro il mondo, ha dilatato il tempo e rimpicciolito lo spazio, ha invertito paradigmi e accelerato nuove modalità organizzative.  E per misurare la portata di tale crisi, l’Associazione AMICI Onlus, proprio durante il periodo di picco dell’emergenza da COVID19, ha condotto due ricerche importanti e complementari sui suoi associati per sondare parallelamente l’esperienza sanitaria e la dimensione psicologica dei pazienti con MICI. La prima, condotta in collaborazione con Cittadinanzattiva, ha indagato, con un questionario ad hoc, il tipo di assistenza sanitaria ricevuta dai pazienti a fronte dell’emergenza per ricostruire il patient journey e le aree di soddisfazione e insoddisfazione. La seconda, condotta in collaborazione con il Centro di Ricerca EngageMinds HUB dell’Università Cattolica, sulla base di items ad hoc e di scale validate scientificamente, ha voluto analizzare l’impatto psicologico dell’emergenza e il ruolo del patient engagement nel garantire un’adeguata autogestione della malattia e della terapia, anche in situazioni critiche.

“Queste due ricerche” - commenta Enrica Previtali, Presidente Amici Onlus – “rappresentano l’impegno massimo dell’associazione durante la fase più acuta dell’emergenza. Abbiamo voluto, mentre imperversava la crisi, capire cosa stesse succedendo, quale era l’impatto generato sulle persone con MICI, in termini di carenza di assistenza sanitaria ed in termini di perdita dei riferimenti psicologici. Questo, per essere sempre allineati ai bisogni della nostra comunità. Le due ricerche (condotte sulla base di questionari online autocompilati) hanno raccolto in tutto 3700 risposte che mettono in luce un quadro complesso i cui dati supportano e confermano le proposte strategiche elaborate da Cittadinanzattiva da condividere con i Decision Makers Nazionali e Regionali”.

Alcune delle domande più frequenti sono legate all'informazione, altre riguardano la prevenzione e infine molte hanno come tema centrale i provvedimenti, le regole di comportamento, le raccomandazioni e le norme sanitarie oltre che richieste molto pratiche, come lo stato dei casi e i numeri dell'epidemia in Italia o dove scaricare il modulo dell'autocertificazione.

“La pandemia da COVID-19” - dichiara Fernando Rizzello, del Centro IBD del Policlinico S. Orsola di Bologna e componente del Comitato Medico Scientifico AMICI Onlus – “ha colto di sorpresa non solo la popolazione sana e, ancor di più, quella con patologie croniche, ma anche la comunità medica che ha imparato, in corso d’opera, le molteplici implicazioni cliniche dell’infezione. Basti pensare che siamo passati da una patologia infettiva prevalentemente respiratoria ad una sindrome sistemica con ampio coinvolgimento anche del tratto gastro-enterico. Il caotico accavallarsi delle informazioni, tutte discusse pubblicamente sui media prima che nel circuito medico, ha ulteriormente aumentato la confusione e l’ansia dei malati cronici. Infine, dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria, molti centri dedicati alle IBD hanno dovuto profondamente rivedere la propria organizzazione limitando le loro prestazioni alle urgenze per evitare di sovraffollare gli ospedali e prestando i propri medici nel prendersi cura dei pazienti COVID-19 positivi.” 

Dai risultati della ricerca condotta da AMICI in collaborazione con Cittadinanzattiva, emerge che solo il 4 % degli intervistati ha fatto tampone. Di questi la maggioranza (51%) dei tamponi è stato effettuato presso strutture ospedaliere, il 29% presso la ASL e il 20 % presso strutture territoriali/ambulatoriali. L’esito è stato ricevuto entro 1 giorno dal 36% dall’effettuazione del test, entro 2 giorni dal 27%, tra 3 e 5 giorni dal 21% e ben dal 16% oltre 5 giorni. Inoltre, in generale il 16% degli intervistati ha riportato difficoltà a contattare gli enti preposti. Tuttavia, il dato più allarmante è che il 28 % degli intervistati riporta il timore di aver contratto l’infezione da COVID19 anche se non è stato sottoposto al tampone. La preoccupazione è tanto più fondata dal momento che il 37% riporta di aver avuto conoscenti risultati positivi. In generale solo all’1% degli intervistati è stato diagnosticato di aver contratto il COVID19. Tra i positivi, solo nel 20% dei casi si è dovuto ricorrere ad un ricovero ospedaliero durato in media 8 giorni, per il resto dei casi è prevalsa l’assistenza domiciliare a casa in cui il Medico di Base è risultato il riferimento e l’assistenza è consistita per tutti in un contatto telefonico. L’indagine conferma la centralità del ruolo del Medico di Base, dell’assistenza domiciliare e della rete di assistenza territoriale che garantisca qualità e continuità di cura ai cittadini, soprattutto alle fasce più fragili.

 “Sono anni che la nostra organizzazione”  commenta Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva – “anche insieme ad AMICI, indica l’assistenza territoriale come una delle maggiori criticità segnalate dai pazienti su tutti il territorio. Negli ultimi anni è costantemente la seconda voce più segnalata e il dato è in continua crescita. Il periodo di emergenza che ha colpito il nostro Paese a causa della pandemia non ha fatto altro che confermare questa carenza. E’ sempre più urgente costruire una sanità che deve essere pronta, con le giuste risorse sia economiche che umane, in grado di gestire i pazienti sul territorio in maniera uniforme”.

La pandemia ha messo alle corde il nostro sistema sanitario, soprattutto a livello territoriale”, ha dichiarato On.Rossana Boldi Vicepresidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera. “Ora è il momento di decidere prima come vogliamo riformarlo, in quale rapporto deve essere con il sistema ospedaliero, quanti investimenti servono e solo dopo potremo decidere come finanziare la riforma. Senza un progetto chiaro si rischia di sprecare risorse senza arrivare a risultati tangibili per i pazienti

Infine, in generale, le indicazioni educative/igieniche ricevute dai pazienti intervistati sono state basiche e parziali, per lo più legate all’igiene delle mani, al distanziamento fisico, la gestione dei rifiuti e il lavaggio degli indumenti. La cosa che colpisce è che queste indicazioni sono le stesse anche per i diagnosticati “positivi” gestiti a domicilio. Ad esempio, non sono state ricevute relativamente all’utilizzo della mascherina, alla pulizia delle superfici domestiche, l’utilizzo degli asciugamani, degli spazzolini da denti e la gestione del contatto con eventuali fluidi corporei.

 Non parliamo poi della totale assenza di un’assistenza educativa e di supporto psicologico volta a favorire il patient engagement. Eppure, i dati della ricerca condotta da Amici in collaborazione con EngageMinds HUB parlano chiaramente di un importante impatto psicologico e sull’autogestione della cura cronica dell’emergenza. Dallo studio emerge infatti come circa la metà dei pazienti italiani con MICI dichiara di avere poca conoscenza rispetto all’impatto del virus nel peggiorare la loro malattia (50%), né se quest’ultima può predisporre ad una maggiore probabilità di contrarre il virus (45%). Sempre la metà dei pazienti ritiene inoltre che lo stress causato dall’emergenza possa impattare sui sintomi percepiti.  Il 61% dei pazienti italiani con MICI è risultato molto preoccupato per l’emergenza da Covid-19 e nella maggioranza dei casi si percepisce un alto rischio di contagio dal virus, per sé (59%) e per i propri cari (81%). Inoltre, in relazione alla loro predisposizione psicologica a giocare un ruolo attivo nella gestione della cura (Patient Engagement) soltanto il 18% si dichiara ingaggiato, cioè in grado di gestire al meglio la propria malattia e di dialogare in maniera efficace e sostenibile come partner del sistema di cura. Questo è un dato cruciale che evidenzia come, dal punto di vista psicologico, i pazienti italiani con MICI stiano vivendo una situazione di incertezza, preoccupazione e stress, che può avere possibili ricadute sul modo in cui si relazionano con il sistema sanitario e gestiscono la loro malattia.

Basti pensare che quasi un terzo dei pazienti (29%) ha disdetto visite ospedaliere in questo periodo per paura di contrarre il virus, e di più tra coloro che hanno bassi livelli di engagement (39%). Inoltre, i pazienti meno ingaggiati hanno anche minore fiducia nelle istituzioni e nel sistema sanitario. Sempre coloro che hanno più bassi livelli di engagement presentano minori livelli di stress percepito (con un livello medio di 2 su 4, contro un livello di 3 su 4 nei pazienti con più alto engagement), e minore capacità di gestire questo stress (con un livello medio di 5 su 10, contro un livello di 7,5 su 10 dei pazienti con più alto engagement). Infine, i pazienti con minori livelli di engagement riportano un peggiore impatto dell’emergenza sanitaria sul loro stile di vita.

“Dare voce alle preoccupazioni e alle necessità dei pazienti in questo periodo di emergenza è fondamentale non solo per garantire un’assistenza corretta e tempestiva ma anche per orientare iniziative educative e supporti psicologici volti a sostenere la resilienza e l’engagement delle persone” - ha dichiarato la professoressa Guendalina GraffignaDirettore di EngageMinds HUB.

In questo scenario che ruolo hanno le Associazioni nella prospettiva dei pazienti? La ricerca condotta in collaborazione con EngageMinds HUB” parla chiaro: l’associazione è percepita come una stella polare per la grande maggioranza degli intervistati (76%) che continuano a mantenere attiva la loro relazione con le proprie Associazioni di riferimento (77%). Chi è più attivo nella relazione con l’Associazione ha riportato minori livelli di stress ed un più efficace “coping” cioè una migliore capacità di adattamento psicologico all’emergenza sanitaria. Una conferma, insomma, del fatto che AMICI sia stata efficace nel farsi carico di quegli aspetti essenziali dell’educazione, dell’assistenza comunicativa e psicologica per i pazienti durante l’emergenza da COVID19 aspetto tuttavia che appare anche come campanello di allarme dato che il vacuum di assistenza psico-sociale da parte delle Sistema sanitario territoriale ben fotografato da queste due ricerche non può essere risolto unicamente dalle attività spontanee dell’Associazione AMICI Onlus.

Le proposte strategiche alle Istituzioni Nazionali e Regionali

I risultati del questionario, secondo AMICI e Cittadinanzattiva, offrono lo spunto per sottolineare quanto sia necessario ed urgente tornare ad investire sull’assistenza territoriale, anni di tagli lineari e riduzione di posti letto negli ospedali e riduzione di personale sanitario hanno drammaticamente inciso anche nella gestione dell’emergenza. È quanto mai fondamentale una rete di assistenza territoriale che garantisca qualità e continuità di cura ai cittadini, soprattutto alle fasce più fragili. La pandemia ha offerto una straordinaria occasione per avviare processi che vanno nella giusta direzione di semplificazione delle procedure e facilitazione dell’accesso ai servizi. Si pensi, come il digitale, con la ricetta elettronica e con la telemedicina, ha permesso la prosecuzione delle cure anche in regime di distanziamento sociale. In ambito sanitario, la digitalizzazione è una componente essenziale di efficienza del governo clinico, tale da garantire anche un’assistenza sanitaria personalizzata, fondata sulla partecipazione consapevole del paziente al percorso terapeutico. In questi mesi, Cittadinanzattiva, sostenuta da moltissime associazioni di malati cronici e rari e da uno schieramento politico bipartisan, ha presentato una proposta di rafforzamento dell’assistenza domiciliare integrata, presentata in Parlamento. le risorse deriverebbero da una rimodulazione della tassazione sulle sigarette elettroniche da “tabacco riscaldato” riducendo il beneficio fiscale che in questo momento hanno rispetto alle normali sigarette.

Oltre a questa proposta di carattere generale riportiamo un elenco di proposte specifiche da inserire nell’agenda politica per il rilancio del SSN che abbia al centro i cittadini.

Delocalizzazione terapie

Al fine di rispettare il tempo di vita del paziente che deve sottoporsi alla somministrazione di farmaci presso le strutture ospedaliere e i costi diretti ed indiretti degli spostamenti verso le stesse strutture, spesso distanti dai pazienti (aree interne) si chiede di:

●    favorire, previa valutazione del medico specialista, la somministrazione di farmaci al di fuori degli ospedali, utilizzando le diramazioni territoriali delle ASL/ASST o il domicilio del paziente;

Rinnovo piani terapeutici

 Al fine di semplificare l’iter di rinnovo dei piani terapeutici per pazienti cronici si chiede di:

·     prevedere la possibilità di rinnovi terapeutici di durata più ampia o da espletare utilizzando canali alternativi come la telemedicina o attraverso l’invio telematico dei documenti clinici utili alla rivalutazione evitando, inoltre, la ripetizione di esami già effettuati in altra regione per ottenerne il rinnovo.

Distribuzione farmaci

Al fine di rispettare il tempo dei pazienti, comprimere i tempi dello spostamento e favorire la continuità terapeutica dei pazienti cronici si chiede di:

●    semplificare al massimo le procedure con cui i malati cronici e rari possono ottenere direttamente in farmacia anche i farmaci e i presidi sanitari solitamente distribuiti nelle strutture pubbliche, attraverso la adozione omogenea della distribuzione per conto, e in linea con quanto stabilito dalla recente ordinanza della Protezione civile che ha l’obiettivo di limitare gli spostamenti, le Regioni attivino, nei territori in cui ancora non è presente, la distribuzione per conto, sia per i farmaci che per i dispositivi medici, favorendo la prossimità e aiutando i cittadini ad evitare inutili e rischiosi spostamenti.

●    Favorire, per le terapie normalmente distribuite in modalità diretta attraverso le farmacie ospedaliere, la consegna al domicilio da parte di personale preparato che garantisca la funzione di counseling farmacologico

●    agevolare le modalità di consegna a domicilio di farmaci e presidi sanitari, stipulando partnership e protocolli anche con enti del terzo settore prevedendo l’attivazione di programmi di supporto al paziente; favorendo così i bisogni delle persone in condizioni di fragilità - come i pazienti affetti da una patologia cronica e rara - maggiormente esposte a rischio contagio in una fase delicata come quella che stiamo attraversando, e rispondendo anche all’appello rivolto a tutti di restare a casa

Ricetta elettronica

Implementare su tutto il territorio nazionale l’utilizzo della ricetta elettronica, superando i limiti della digitalizzazione (aree interne) per farmaci e visite e l’invio per posta elettronica delle ricette

Telemedicina

Potenziare i servizi di telemedicina per poter garantire la continuità delle cure (per controlli e consulti) e la gestione dei pazienti al domicilio, e rispondere ad una delocalizzazione delle cure efficace, efficiente e sicura, investendo in piattaforme informatiche omogenee tra gli ospedali e i presidi territoriali.

Fascicolo sanitario elettronico

Implementare il fascicolo sanitario elettronico avviando procedure di semplificazione dell’accesso al FSE, avviando azioni di informazione alla cittadinanza per un maggiore utilizzo e consolidando le infrastrutture tecnologiche affinché sia garantita l’interoperabilità dei dati.

Un’ultima riflessione infine va fatta a tutela del personale sanitario che in questi mesi ha assistito in pazienti negli ospedali e presso il proprio domicilio, quando l’infezione da COVID-19 non ha reso necessario il ricovero. Si ritiene necessario applicare su tutto il territorio nazionale un protocollo di gestione del malato quando non viene ospedalizzato, l’indicazione di regole di comportamento e l’applicazione di linee guida per i medici di medicina generale contattati dai pazienti con sintomi e che spesso hanno riportato di non riuscire a mettersi in contatto con le ATS.

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