Non si sa mai da dove può arrivare l'intuizione giusta per la risoluzione di un problema, grande o piccolo che sia.
Ed in questo caso, pare che un possibile contributo al contenimento dei gravi effetti del COVID19 a carico del sistema polmonare, provenga da un approccio clinico innovativo nell’utilizzo di un farmaco inizialmente ideato per le malattie infiammatorie croniche intestinali.
In un momento così difficile per noi esseri umani, nel quale la pandemia sta arretrando in alcuni paesi, devastandone altri, ci piace pensare che il contributo della ricerca per le MICI, possa essere utile in termini di opzioni farmacologico-terapeutiche anche per altre patologie, come per il virus COVID19.
Come se la nostra storia potesse essere utile a tutti gli altri.
Pubblichiamo un’intervista ai medici italiani che hanno svolto questo studio: Gianpiero Manes, Cristina Bezzio e Simone Saibeni dell’Asst Rhodense, UOC di Gastroenterologia, ospedale di Rho.
1. Qual è la specifica molecola del farmaco che aggredisce il virus?
Infliximab è un anticorpo monoclonale diretto contro il Tumor Necrosis Factor alpha (TNF-α), una citochina implicata nei processi infiammatori dell’organismo.
Abbiamo utilizzato Infliximab, come da indicazioni di linee guida internazionali, per trattare una riacutizzazione grave di colite ulcerosa non responsiva alla terapia con steroidi somministrati per via endovenosa. La peculiarità del caso è che il paziente presentava anche una polmonite interstiziale sostenuta da SARS-CoV-2. Dopo pochi giorni abbiamo assistito oltre al miglioramento del quadro intestinale, anche ad un netto miglioramento della polmonite.
2. quale è il meccanismo generale che porta ad un miglioramento del quadro polmonare?
L’infezione da SARS-CoV-2 è caratterizzata da una prima fase in cui il virus entra in contatto con le cellule dell’ospite, con successiva infezione e una seconda fase caratterizzata o da risoluzione o dall’instaurarsi di una risposta infiammatoria sistemica sostenuta dalla abbondante produzione di mediatori dell’infiammazione che conduce alle forme più gravi.
Il blocco di TNF-α, uno di questi mediatori, potrebbe essere la spiegazione del miglioramento a livello polmonare e non solo a livello intestinale. Il meccanismo è lo stesso per cui è stato ipotizzato per il trattamento delle forme più gravi di COVID-19 l’utilizzo di tocilizumab, indicato per l’artrite reumatoide, anticorpo diretto contro l’IL-6 che è un’altra importante citochina pro-infiammatoria,
3. alla luce del fatto che sono numerose, purtroppo, le persone che, con malattie infiammatorie croniche intestinali, hanno gia' da tempo contratto il virus, e quindi gia' da tempo in cura, come è possibile che la capacità di questo farmaco di ridurre la gravità dell'infezione polmonare sia emersa solo ora?
L’utilizzo di Infliximab per il trattamento di COVID-19 , potrebbe avere un razionale non nelle prime fasi malattia, ma nel caso si sviluppi una risposta infiammatoria caratterizzata da una massiva produzione di citochine pro-infiammatorie. All’inizio, si pensava che l’utilizzo delle terapie immunosoppressive e biologiche potesse avere un effetto negativo sulla infezione e in effetti e linee guida internazionali sconsigliano di iniziare una terapia di questo tipo nel caso di una qualsiasi infezione in atto. Da qui la cautela con cui ci si muove. Nel nostro caso eravamo di fronte alla possibilità di un intervento chirurgico in un paziente con polmonite gravato da complicanze post-operatorie, anche fatali, tutt’altro che trascurabili. Abbiamo pertanto deciso, sulla base delle prime evidenze scientifiche che non evidenziavano un ruolo negativo delle terapie biologiche sulla evoluzione dell’infezione da SARS-CoV-2, di utilizzare l’infliximab.
4. Questa scoperta a quale altra evoluzione potrebbe portare?
Come già ipotizzato da alcuni autori su riviste scientifiche internazionali, si potrebbe aprire la possibilità di eseguire studi volti a valutare la possibilità di utilizzare infliximab nelle forme più gravi di COVID-19.
5. Per i pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali cambia qualcosa? Questo farmaco è in grado di intervenire sia sulle MICI che sul virus senza bisogno di altro farmaco e/o senza effetti collaterali?
Abbiamo i dati di un singolo caso che fortunatamente ha avuto una evoluzione positiva da tutti i punti di vista. E’ una singola osservazione che dovrà essere confermata da ulteriori studi. Possiamo dire che insieme ad altri dati pubblicati, la nostra esperienza è un supporto alla possibilità di utilizzare questo farmaco con maggiore tranquillità. Poi nel singolo paziente, come si fa sempre, dovranno essere accuratamente valutati i vantaggi e i rischi di una determinata scelta terapeutica, in relazione all’età, alle eventuali comorbidità e alle caratteristiche della malattia intestinale.
6. Per le persone invece che non hanno malattie croniche, ma che sono affette da Covid, possono verificarsi effetti collaterali, prodotti da un farmaco che cura le MICI?
Se mai l’infliximab dovesse rappresentare una possibilità di trattamento di COVID-19, è verosimile pensare che il suo profilo di sicurezza non sarebbe differente da quello già noto nei pazienti affetti da malattie infiammatorie immuno-mediate per cui è attualmente utilizzato.
7. Siamo al paziente 1, primo caso assoluto, curato, per il coronavirus, con l'anticorpo monoclonale infliximab. In base a quanti casi ed in quale lasso di tempo i pazienti potranno contare su questa prospettiva di cura perché considerata sufficientemente solida per tradursi in un protocollo terapeutico ufficiale?
Ricordiamo ancora che noi siamo gastroenterologi ed abbiamo trattato un paziente con colite ulcerosa e concomitante infezione da SARS-CoV-2. Prima che un farmaco possa essere utilizzato per il trattamento di una patologia devono essere eseguiti rigorosi studi clinici che attraverso varie fasi ne dimostrino la sicurezza e l’efficacia. In alcuni casi, in condizioni eccezionali come può essere quella associata alla pandemia da COVID-19, le varie fasi degli studi possono essere accorciate e a fronte di una evidente efficacia, il farmaco potrebbe essere utilizzato nella cosiddetta forma off-label, ossia senza indicazione ufficiale. Alcuni centri hanno messo a punto protocolli per l’utilizzo sperimentale di infliximab, e altre molecole, per la gestione dell’infezione da SARS-CoV-2, ma al momento non è possibile fare alcuna previsione circa i tempi necessari per ottenere risultati affidabili.